2003
Clara Gelao
Collana Zétema (Edizioni La Bautta, Matera)
Caratterizzata da grande rigore scientifico e preziosità editoriale, la pubblicazione rappresenta la cronaca di un ritrovamento sensazionale, lavoro intrapreso con il prof. Michele D’Elia per rafforzare e diffondere la conoscenza storica e artistica del territorio lucano.
Il lavoro affonda le sue radici in un fatto storico realmente accaduto e riportato in un poemetto scritto dal sacerdote Pasquale Verrone nel 1592, in cui si narra dell’arrivo nella città di Montepeloso (antico nome di Irsina) del Sacerdote Roberto de Amabilibus con la donazione alla Cattedrale della preziosa reliquia del braccio di Sant’Eufemia e una serie di opere d’arte trasportate da Padova in terra lucana: due dipinti, uno raffigurante Sant’Eufemia, chiuso da due sportelli andati perduti e attualmente conservato nella Galleria Nazionale di Capodimonte a Napoli, l’altro raffigurante la morte della Vergine, andato perduto; un grande Crocifisso ligneo; due statue lapidee raffiguranti rispettivamente la martire calcedonese e la Madonna col Bambino; un grande fonte battesimale e tre codici miniati.
Intorno al 1453 lo stesso Roberto de Amabilibus intrecciò rapporti con il giovane Andrea Mantegna, che in quel periodo lavorava per la chiesa di Santa Giustina a Mantova. Così, lo stesso de Amabilibus commissionò all’artista la tela raffigurante Sant’Eufemia e la scultura dello stesso soggetto, da donare alla sua città natale.
La cospicua donazione arrivò ad Irsina intorno al 1454, dopo un lungo viaggio per mare dai lidi veneti sino a Bari.
L’autrice del volume conclude, così, un ampio periodo di studi condotti tra Padova e la Basilicata, in cui questioni di micro e macro storia si intrecciano a ricerche effettuate in vari ambiti e livelli che hanno, ormai pacificamente, avvalorato l’ipotesi secondo cui la splendida statua in pietra di Nanto presente nella Cattedrale e cioè la Santa Eufemia, sarebbe opera dell’artista Andrea Mantegna.